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La navigazione dei Vichinghi verso le Americhe…Quando il clima era più caldo e non solo

Ultimamente si sente parlare del cambiamento climatico, come se fosse lo spauracchio di tragedie e distruzioni.

Ma siamo davvero così certi che questo fenomeno sia così drammatico come ce lo dipingono e che invece, non possa trasformarsi in una opportunità, come fu per alcuni popoli antichi?

Come sempre in tutte le cose c’è chi vede il bicchiere mezzo pieno e stando a quanto racconta ci raccontano dal sistema, la stessa “comunità scientifica” non è compatta nel sostenere l’approccio catastrofista: ci sono ricercatori illustri, che hanno un punto di vista antitetico e che parte dall’osservazione di variazioni periodiche ed oscillanti (a modo di sinusoide), del clima terrestre durante le varie ere geologiche.

E di questa alternanza di fasi calde e fasi fredde abbiamo diverse testimonianze storiche e prove “ambientali”, come ad esempio il così detto “periodo caldo romano”e il “periodo caldo medievale”.

A proposito del bicchiere mezzo pieno, vorrei raccontarvi la storia della “scoperta delle Americhe”, che non fu ad opera di Cristoforo Colombo come molti continuano a credere nonostante le molte prove a sfavore di questa tesi e come continuano a raccontarci sui libri di storia.

A cavallo del X secolo, quando nell’Europa del Nord si coltivava la vite in maniera estesa e la Groenlandia era una terra verde (come dice il nome stesso), un gruppo di marinai Vichinghi, guidato da Erik il Rosso partì dalla penisola scandinava e arrivò a colonizzare la costa Sud della Groenlandia e da lì si spinsero fino all’attuale Canada.

All’epoca, quel tratto di mare e di oceano, non erano così freddi come oggi e le temperature erano molto simili a quelle della fascia mediterranea; di conseguenza la circolazione dei venti e delle correnti marine era profondamente diversa da come la conosciamo. Questo ha reso possibile la navigazione di imbarcazioni in legno e dalla forma allungata per diverse miglia.

I popoli nordici, a differenza di quelli mediterranei, no n utilizzavano le stelle per orientarsi in mare, ma sfruttavano la posizione del Sole anche durante le giornate nuvolose o con la nebbia. A tale scopo, avevano imparato a servirsi delle proprietà ottiche di alcuni minerali cristallini: le “solarsteinn” o “pietre del sole”; una su tutte lo Spato d’Irlanda: una forma di calcite molto pura, perfettamente cristallizzata e limpida.

Una delle proprietà fisiche dello Spato d’Irlanda è la sua capacità di birifrangenza, ovvero il riuscire a scomporre il raggio di luce incidente , in due fasci distinti e che viaggiano con velocità diverse e con angoli diversi al suo interno e restituire l’immagine sdoppiata dell’oggetto osservato attraverso il cristallo.

Orientando correttamente lo Spato d’Irlanda, anche con il tempo nuvoloso, è possibile individuare la posizione del Sole, a partire dall’immagine rifratta dell’astro visto come un alone luminoso nel cristallo.

I Vichinghi tracciavano le loro rotte allineando l’immagine rifratta nello Spato, con una piccola meridiana solare sulla quale segnavano la linea d’ombra del sole agli equinozi, al solstizio e la linea del nord. Con questo sistema di orientamento, attraversarono 1600 miglia di Oceano Atlantico e raggiunsero il Continente Americano almeno quattrocento anni prima di Cristoforo Colombo.

Dalle simulazioni effettuate da alcuni ricercatori, usando la bussola solare come sistema di orientamento e la linea costiera del Sud della Groenlandia come riferimento, sembra che le spedizioni vichinghe in Nord America abbiano avuto una probabilità di successo del 92%.

Un dato molto interessante e ancora del tutto inesplorato è la capacità di questi marinai, di sfruttare le correnti oceaniche ed in particolare la Corrente del Golfo: un vero e proprio nastro trasportatore, sposta masse di acqua calda dal golfo del Messico verso in Nord Europa per riportare e masse di acqua fredda indietro, lungo un percorso circolare, sfruttando le differenze di temperatura e salinità.

Di nuovo la circolarità e di nuovo l’alternanza di caldo e freddo (principio della sinusoide), di nuovo la mia associazione mentale con il moto armonico (sinusoide) visto come proiezione sul diametro di una circonferenza, del moto a velocità costante eseguito da un punto lungo la circonferenza stessa.

Dal caldo passiamoo al freddo, sempre in tema di migrazioni, spostiamoci sul braccio di mare che separa l’ultima delle isole Aleutine e la penisola della Kamchatka…più o meno la stessa distanza tra Roma e Viterbo. Provate ad immaginare cosa successe durante le epoche glaciali e come questo ponte di terra e ghiaccio sia stato percorso da Esseri Umani e animali in un flusso migratorio da una parte all’altra.

I naviganti antichi avrebbero potuto seguire la scia di queste correnti marine che sfruttano l’alternanza di bassi e alti nella temperatura per arrivare a destinazione e gli esploratori a piedi avrebbero potuto sfruttare l’emergere di terre o i ponti di ghiaccio se il nostro pianeta non fosse stato un organismo vivo, dinamico e che segue la legge del sinusoide in tutte le sue manifestazioni?

Queste migrazioni avvenute sfruttando le caratteristiche del piano su cui viviamo, mi fanno pensare allo spostamento dei pollini e di alcuni semi, sostenuti dai venti e dai dei corridoi d’aria particolari, fino al “nuovo” terreno da colonizzare.

E se l’Essere Umano fosse polline o seme del suo proprio progetto di vita ed uno dei suoi propositi sia quello di “navigare” con e nella dualità alla scoperta di “territori nuovi”, intesi non solo come luoghi fisici, ma sopratutto come spazi di espressione e manifestazione del proprio IO SONO e di tutta la sua potenza creativa, che trascende e in un certo senso unifica la dualità?

C. T.