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L’AGRICOLTURA ELEMENTARE O DEL NON FARE
L’Agricoltura Elementare o del Non fare è un tipo di agricoltura che rispetta il terreno, l’ambiente e l’essere umano eliminando completamente l’impiego di macchinari, di combustibili fossili, diserbanti e pesticidi.
I terreni dove viene praticata l’Agricoltura Elementare presentano un incremento del tasso di fertilità e una resa paragonabile a grandi aziende produttive che utilizzano la coltivazione moderna, con la quale cercano di governare i processi naturali pensando di avere un risultato migliore, invece danno luogo solo a grandi e gravi effetti collaterali.
Con l’Agricoltura del Non fare si ritorna alla natura e se l’essere umano torna a farsi guidare da essa, riceverà in cambio tutto e penserà lei a tutto. Gli esseri umani ritroveranno la pace interiore e il loro posto nel mondo che, con l’industrializzazione e la cementificazione di grandi città, hanno perso completamente.
L’obiettivo dell’Agricoltura del Non fare è quello di lasciare la natura libera, senza bisogno di arare la terra per togliere le erbacce, bisogna solo controllarle, tagliandole se troppo alte o farle seccare e poi piegarle su se stesse, se sono morbide, per ridurne l’altezza, pettinandole poi al suolo con un rastrello e cospargendole con una pacciamatura dell’altezza di circa 20 cm sul suolo, di fieno o erba di prato perenne o di foglie in base a quello che si vuole coltivare. Bisogna lasciare sempre il terreno coperto e rimettere sempre pacciamatura di materia organica, riportandola a 20 cm, quando viene consumata dal vento, dalla pioggia e dalla neve o camminandoci sopra quando si entra nell’orto per cogliere i prodotti della terra.
Ci vogliono circa 25 balle da 20 kg per 230 mq. di terreno. Ciò dovrebbe garantire una buona copertura di partenza ma bisogna averne altrettanta per i reintegri successivi. Te ne servirà almeno il doppio di quanto pensi!
Quando raccogliamo il fieno o ce lo portano, con la forca dobbiamo smarimetterlo cercando di districarlo, raccogliendo il materiale necessario, schiacciandolo un filo e poi con la forca si raccoglie la mattonella che si è formata e che è già dell’altezza che ci serve.
Bisogna creare dei nidi all’interno della pacciamatura che arrivino fino al terreno, creare un piccolo buco nel suolo con un legnetto, che svolge la funzione del nostro dito, di un paio di centimetri e riporre il seme, richiudere il buco e rimettere la pacciamatura, bagnando per 3/5 secondi. Creare delle file lasciando una distanza di circa 20 cm tra un seme e l’altro.
Invece per fare dei trapianti bisogna usare una piccola paletta, che è l’equivalente della nostra mano, con cui smuovere la terra, sbriciolando le piccole zolle con le mani e infilando la piantina facendole ricadere la terra sopra. Poi si tengono le foglioline, in modo che non si rompano, e si richiude la pacciamatura intorno, delicatamente, bagnando poi per 3/5 secondi.
Una volta che viene bagnato il suolo e ricoperto con la pacciamatura di fieno o foglie, non sarà piú necessario bagnarlo perché sotto allo strato di 20 cm che abbiamo creato, il terreno rimarrà sempre umido e si creerà un hummus, che non è acqua che scorre ma è un’acqua igroscopica che il suolo trattiene a se nelle sue parti vive riproducendo quella che già c’è.
E’ un habitat favorevole alla crescita delle nostre piante.
Questo hummus è dato dalla vita che brulica in questo terreno, da tutti gli insetti, vermi e microrganismi che lo abitano e che continuano a viverlo generando altra vita e non dall’irrigazione. Il suolo sente il riparo dal sole e sente il trattenimento dell’umidità che, non coprendolo, trasuderebbe ed evaporerebbe. Non bisogna dare acqua al terreno, lo faremmo solo soffrire. Se dobbiamo bagnarlo è perché c’è qualcosa che non va.
Se noi lavorassimo la terra con macchinari tutto questo andrebbe disperso e uccideremmo questo equilibrio naturale, un habitat ideale per un’ampia gamma di insetti utili, dove non servirà spargere insetticidi.
Per questo tipo di agricoltura servono pochi attrezzi:
– Forca per movimentare il fieno
– una paletta, che è l’equivalente della nostra mano
– un bastoncino per entrare un paio di centimetri nel suolo, che è l’equivalente del nostro dito – una piccola falce per tagliare l’erba troppo alta se non è tenera per essere ripiegata su se stessa.
La Natura è un modello da emulare piuttosto che una forza da dominare, ascoltando i suoi disegni le risorse saranno piú abbondanti se custodite e alimentate in armonia con le leggi della Natura stessa.
Occorre che l’essere umano e la Natura ri-tornino a dialogare e che ri-trovino un punto di incontro e un equilibrio in modo da ridurre l’erosione del suolo e ripristinare la sua fertilità, utilizzare specie locali per non distruggere gli equilibri naturali, risparmiare a livello energetico e basarsi su una ”economia dell’abbondanza” che nasce dal grande contenimento dei bisogni materiali e dalla capacità di trarre sostentamento dai frutti della terra prelevando solo ciò di cui si ha veramente bisogno e nulla di piú, senza nessuna forma di accumulazione e assicurandosi cosí tutto ciò di cui si necessita.
La saggezza che ci è stata tramandata dai nostri avi è semplice sapienza naturale. Di solito si pensa alla cultura come a qualcosa di creato, conservato e sviluppato dall’uomo. Ma la cultura trae origine dalla collaborazione fra essere umano e Natura.
I nostri avi vedevano il mondo come un tutt’uno interdipendente e non vi era nessuna distinzione tra loro e le altre forme di vita. Erano connessi con le piante e gli animali, ma anche con tutti gli altri elementi naturali come i sassi, i fiumi e il suolo. Tutto era vivo e pieno di coscienza, energia e forza spirituale.
Purtroppo una volta che le capacità cognitiva e di raziocinio si sono sviluppate, la connessione tra l’essere umano e la Natura è diventata piú complessa e siamo diventati parte attiva nel dare forma al paesaggio che nel tempo si è modellato a misura degli umani, trasformandosi in luoghi deserti a causa dello sfruttamento e della mancanza di cure.
La Natura va vista come una guida e un insegnante e dobbiamo vivere con umiltà, senza pensare di essere superiori alle altre forme di vita e che la Natura sia stata creata a nostro totale beneficio e che il nostro destino fosse quello di conquistare e dominare il mondo naturale.
Quando l’essere umano si è separato dalla Natura, abbandonando le fonti tradizionali della conoscenza, la comprensione intuitiva, l’apprendimento dagli altri esseri viventi, ha perso la capacità di comprendere l’unicità del Creato. La nostra società non è basata su una “economia di abbondanza” ma su una “economia di scarsità” dove è importante quanto si produce e con la certezza che non sarà mai abbastanza e soprattutto sano. Siamo consapevoli dei limiti ambientali e delle conseguenze dello sfruttamento però ci portiamo dietro la mentalità del “prendi tutto piú in fretta possibile”.
Dobbiamo tornare a coesistere con la Natura in modo rispettoso, smettendo di andare contro le sue Leggi, arando il terreno e utilizzando prodotti chimici, creando l’erosione, l’acidificazione dei suoli, l’aumento delle inondazioni, l’abbassamento delle falde acquifere, la scomparsa della fauna selvatica, l’indurimento e l’impermeabilità del terreno.
Per fare ciò dobbiamo capire e esaminare i pensieri che ci sono stati inculcati dalla nostra cultura e che ci hanno plasmato per servire gli obiettivi della società moderna: “La società deve continuare a crescere; devo capire come funziona la natura per produrre di piú; abbiamo bisogno dell’agricoltura industriale per sfamare tutta la popolazione”. E’ difficile lasciarsi alle spalle tutto perché sono pensieri che condividiamo collettivamente, è una dipendenza che ci deruba dell’empatia verso gli altri.
Il passo successivo è abbandonare ed eliminare le attività non essenziali quindi ridurre le proprietà materiali, limitare l’acquisto di beni di consumo e servizi e prendere decisioni ragionate e compatibili con l’ambiente.
Non sarebbe bello vivere piú lentamente, godendo di quello che si ha, di un piccolo giardino e di un’esistenza semplice incentrata su quello che dice il cuore, mettendo un freno alla distruzione della Natura, lavorando per guarire la terra e noi stessi, vivendo serenamente e responsabilmente?
Vi saluto con questa domanda e spero riusciate a trovare la vostra risposta, lasciandovi tutto alle spalle e iniziando a sentirvi liberi e leggeri.
Iniziate a viaggiare senza una pianificazione perché vi ritroverete magicamente in un mondo dove non avreste mai immaginato di essere ma che vi sembrerà familiare.
E. D.
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